L’amniocentesi consiste nel prelievo transaddominale del liquido amniotico.
Nel liquido sono presenti le cellule di sfaldamento, che provengono dalla cute fetale, utilizzate per la diagnosi prenatale.
L’esame è eseguito preferibilmente alla 16a settimana di gestazione. Si prelevano sotto controllo ecografico circa 20 mL di liquido amniotico, che si riformerà dopo alcune ore.
Analogamente alla villocentesi, prima dell’esame si esegue un’ecografia per valutare l’attività cardiaca fetale, l’epoca gestazionale, l’anatomia fetale, la posizione della placenta e la quantità del liquido amniotico. Con l’amniocentesi è possibile analizzare anche i valori dell’alfa-fetoproteina, che è un marker della spina bifida.
I risultati dell’esame si hanno in circa 7/10 giorni.
Il rischio di aborto è di circa 0,5%.
In entrambi gli esami c’è la possibilità che le sole cellule del liquido amniotico o dei villi coriali siano portatrici di un vero mosaicismo, che nell’80% dei casi è fetale.
La maggior parte delle coppie privilegia la villocentesi in quanto, a parità di risultato e rischio di aborto, viene eseguita cinque settimane prima e per questo consente una diagnosi prenatale più precoce.